28 luglio 2009

So long, Jam

AL DIRETTORE DELLA RIVISTA "JAM - Viaggio nella musica"

Direttore Guaitamacchi,

con sommo dispiacere ho scoperto che Jam ha perso l'autorevolezza, la penna inimitabile, le preziose conoscenze, la passione con pochi eguali e l'intelligenza profonda di Paolo Vites.

Sono ben consapevole del fatto che la realta' e' sempre complessa, e non e' giusto applicare sommarie semplificazioni.
Ma ho anche abbastanza responsabilita' nel mio lavoro per sapere che se non si riesce a trattenere le risorse fondamentali questa e' --senza scusanti-- grave responsabilita' del "capo".

Per questo, dopo anni di acquisto e lettura della rivista, pur nei limiti delle lievi conseguenze della mia scelta, desidero certamente informarLa del fatto che non acquistero' piu' neanche una copia della sua rivista Jam.

Disorientati saluti,

11 luglio 2009

Tutto quello che potevo fare era piangere

Mi è capitato di nuovo di inciampare in una canzone e rimanerne invischiato per giorni.
Come spesso mi accade in questi casi, la canzone --scoperta per una serie imprevedibile di coincidenze-- non è proprio allegra. E meglio ancora se interpretata da una gran voce femminile.

Mi imbatto in Cadillac Records, grazie ad una collega che non aveva neanche visto il film. Un lungo viaggio in treno nel weekend e me lo vedo. Il film narra la nascita, l'esplosione e la prematura conclusione della esperienza della Chess Records, mitica e discussa casa discografica americana dal '50 al '69. E narra il fiorire nientemeno che di Muddy Waters, Little Walter, H.Wolf, Chuck Berry ed Etta James. Blues nero disperato e primo rock'n'roll ("Questo non è blues.. non so che cazzo sia ma lo registriamo"), discriminazione razziale e musica sia per bianchi che neri, fra Chicago e il Mississipi.
Questi film in realta' sono piuttosto 'finti' come la rappresentazione che danno dei personaggi, lo si capisce.
E ci sono alcune scene che fanno parecchio sorridere, come quella di Lomax che va in giro a registrare canzoni.
Ma intanto io sono piuttosto affamato di musica e dei relativi retroscena, cosi' come delle origini della musica. E qui se non altro ci ho trovato un po' di informazioni ed alcune ambientazioni.

Ma probabilmente l'intento del regista è sincero, tanto che un personaggio riesce bene. Anzi non tutto il personaggio, in verità. Va certo premiata la scelta coraggiosa di Beyonce ad interpretare la splendida Etta James. Come attrice è tutto tranne che irresistibile, certo, ma quando canta..
Deve confrontarsi con un pezzo da brivido, ma lo fa con enorme professionalità, con gran capacità e con coinvolgimento sublime.
Quella scena sì, suona davvero vera.
Saro' sensibile, ma ci sono rimasto incastrato.

"Sei poco donna per questa canzone. La canzone parla d'amore, lo sai che significa? Sei mai stata lasciata da uno stronzo? Uno che non solo ti ha lasciata ma ha anche sposato con un altra.. Lo sai come ci si sente?"
"Fammi riprovare.." E parte una interpretazione straziante, viscerale.

Di quelle canzoni che in fondo sono quello che cerchiamo, di cui abbiamo bisogno quando ci avviciniamo allo stereo (o all'iPod).
Quelle canzoni che sono la musica.
E tutto quello che potevo fare era piangere.

All I Could do was Cry (Etta James)
I heard church bells ringing
I heard a choir singing
I saw my love walk down the aisle
On her finger he placed a ring

Oh, I saw them holding hands
She was standing there with my man
I heard them promise "Till death do us part"
Each word was a pain in my heart

All I could do, all I could do was cry
All I could do was cry
I was losing the man that I loved
And all I could do was cry

Yeah and now the wedding's over
Rice, rice has been thrown over their heads
For them life has just begun
But mine is at an end

All, all I could do, all I could do was cry
All I could do was cry
I was losing the man that I loved
And all I could do was cry




Ragman

8 luglio 2009

Maria protegga Bono, Suu Kyi e ciascuno di noi

Ieri sera una serata che sara' impossibile dimenticare.
Come non ripensare tutta notte ai 90,000 fedeli (nel senso di fan, ovviamente) che rimangono incollati ad ascoltare l' Ave Maria che chiude il concerto, sotto quel palco che --dice qualcuno-- ricorda cosi' tanto la cattedrale di barcellona, la Sagrada Familia?

Sono arrivato a s.siro moderatamente gasato: preoccupato per le condizioni vocali di bono, contento di rivedere mia moglie e di farle un regalo, pieno comunque di aspettativa (per quanto esplicitato da P.Vites in questo articolo: Paolo Vites su ilsussidiario.net).
L'atmosfera (salamella e salsiccia con rapporto peso/prezzo equivalente allo zafferano..) e' di festa, si capisce subito.
I supporter fanno due gran pezzi, l'audio e' sorprendetemente eccellente e lo stadio gia' quasi pieno saluta e batte le mani. I soliti cafoni in piedi alla balustra non riescono a rovinare il senso di attesa.

Le luci si spengono e comincia un'ora di rock a ritmo devastante. Davvero tirato, non me l'aspettavo.



Highlights assolute: il medley I Still Havent Found + Stand By Me e poi, dedicata a Michael Jackson, il medley Angel of Harlem + Man In The Mirror.
Al culmine della esaltazione chiama sul palco la figlia, per festeggiare il suo compleanno e le dedica Party Girl. Party Girl! Sono tornato indietro di 15 anni.

Devo sedermi (completamente sudato, of course). Anche Bono accusa e per un paio di pezzi non riesce a controllare appieno la situazione, non riesce a chiudere le canzoni che pure canta "a cappella" con il pubblico.

A questo punto passa al dunque: il rosario esce da sotto la maglietta e introduce la dedica della serata: Aung San Suu Kyi, prigioniera politica del Burma dal '90.
Interpellando ciascuno di noi, come non fossimo in 90,000 ma in 10: cosa stai facendo tu per la giustizia?
Arriva addirittura l'esortazione a Berlusconi perche' mantenga la promessa sul debito: non e' troppo tardi, ci sono 3 giorni prima del G8. E gli dedica "One" (meriterebbe solo per questo!)
Come ha detto prima di Beautiful day: sono tempi difficili, quindi ogni momento vale tutto (vale l'eternita').

Pride, Sunday bloody sunday con le parole in arabo su sfondo verde, With or without you.. ce n'e' per tutti.
La voce, che troppo spesso era rimasta un po' coperta dal suono, viene invece fuori con prepotenza e grazia splendente sulla commovente chiusura con Moment of Surrender.

Effetti spettacolari, scenografia esagerata. Ma che sembra naturale. E' infatti talmente chiaro che il "punto" della serata non e' lo spettacolo fine a se stesso, che questi effetti scenografici non sembrano "esagerati". Gli U2 si esprimono cosi', non scendono a compromessi sono sempre un passo avanti.

L'abbraccio finale fra i quattro ci ricorda quanto questa band sia particolare, nella fedelta' e nella solidita'. Una band unica, anche in questo.
E poi, come detto, ci lasciano le note dell'Ave Maria a sottolineare che eravamo li' tutti (noi come Bono e i suoi) per una domanda grande, grande piu' del coro di 90,000 voci, grande piu' della struttura del palco che si spinge fino al cielo.

Moment of Surrender


(foto non di ieri sera)